venerdì 17 luglio 2009

Dall’approfondimento di realtà americane ed europee alla nascita del “Modello Reggio”

La parola ancora ai dottorandi della Mediterranea, ed alle loro capacità riflessive: dopo la prima uscita si prosegue con Beniamino Cordova,
dottorando di ricerca in Pianificazione Territoriale presso il Dipartimento SAT, laureato “cum laude” in Pianificazione Territoriale Urbanistica
ed Ambientale. Il giovane ricercatore si occupa di pianificazione metropolitana, dai trasporti agli spazi pubblici alle adeguate forme di
partecipazione, ed è impegnato a promuovere un “Modello Reggio” per la costruenda Città Metropolitana. Nelle correlazioni di tesi di laurea
sta curando l’approfondimento della pianificazione dei trasporti in ambito metropolitano. Beniamino Cordova svolge ricerca scientifica
dedicando particolare attenzione a realtà metropolitane conosciute direttamente: Boston (USA), Barcellona (Spagna), Copenhagen - Malmö
(Danimarca - Svezia). (Enrico Costa)



di Beniamino Cordova
(pubblicata su www.newz.it il 16.07.09)

Attribuire la definizione di “Città Metropolitana” ad un’area urbana significa riconoscerle indubbiamente una specificità. La Città
Metropolitana dovrebbe offrire maggiori possibilità rispetto alla strumentazione ed alle risorse a disposizione delle Province e dei Comuni,
non può essere considerata solamente uno strato intermedio o uno strumento di legame tra gli Enti Comunali e la Regione ma un livello di
governo in cui confluiscono, con le loro specificità, i contributi decisionali dei Comuni dell’Area per costruire in modo unitario i processi di
sviluppo.
L’Area Metropolitana avrà bisogno di un Piano Urbanistico che non sarà semplicemente una specificazione di un Piano Urbanistico
sovraordinato ma avrà un carattere strategico in cui troveranno collocazione e valorizzazione le specificità locali.
Reggio Città Metropolitana, quindi. L’opinione pubblica è stata informata, ed i reggini giorno dopo giorno hanno acquisito coscienza di
questa nuova possibilità di crescita per la comunità e per la città. Per la città e per il territorio.
È tangibile ormai il desiderio di vedere Reggio cambiare (nella Mentalità), migliorare (nei Servizi), mutare (nella Forma), modernizzarsi
(nelle Strutture). Un desiderio che è anche strada obbligata.
È proprio il primo tassello (la Mentalità) quello da cui bisogna partire: “Pensare Metropolitano”, per poter “Agire Metropolitano”.
Reggio deve diventare leader della propria Area Metropolitana e mettersi al timone dei processi di sviluppo di un vasto territorio. Per fare
ciò ha bisogno di sensibilizzare i cittadini, non solo quelli reggini che quotidianamente vengono “bombardati” dalla notizia ma soprattutto
quelli che in città vengono per lavorare, per studiare, e per usufruire dei servizi (secondo tassello, i Servizi): i City Users; a loro (proprio a
loro) bisogna far capire che l’istituzione di “Reggio Città Metropolitana” può portare solo benefici, nei trasporti, nei servizi in genere, anche
a costo di contribuire in termini economici attraverso una fiscalità comunque reinvestita in loco (proprio perché “Città Metropolitana”)
secondo lo spirito del federalismo fiscale: un piccolo prezzo per una grande utilità.
È noto che la Città Metropolitana determina in qualsiasi contesto un aumento della mobilità delle persone, quindi essa assume come
obiettivo fondamentale e prioritario la riorganizzazione del sistema relazionale.
Con una migliore organizzazione dei trasporti avremo un miglior collegamento del centro principale con le aree che gravitano attorno ad
esso e quindi assisteremo anche, probabilmente, ad una mutazione della forma della città che non sarà più la città intesa secondo i vecchi
confini ma necessariamente ci confronteremo con una Città estesa, Policentrica, nel rispetto delle identità e delle polarità positive (terzo
tassello, Mutazione della forma).
In altri miei contributi, sullo stesso tema, ho proposto di istituire sin da subito “Il Sistema Metropolitano di Trasporto” che metta in
relazione, appunto, Reggio con le aree che orbitano attorno alla città partendo da una organizzazione accurata delle risorse attuali
(Metropolitana di superficie, Bus), anche se non pienamente utilizzate, e di quelle future (si spera nella nascita della “Metropolitana del
Mare”, idea che porto avanti da 3 anni, come collegamento tra i porti dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria). Questo è il primo
passaggio, fondamentale, è inutile pensare di procedere diversamente.
È evidente, che l’Area Metropolitana di Reggio, oggi non deve dare priorità alla progettazione di nuove infrastrutture ma migliorare quelle
esistenti, partendo dalla statale 106 e proseguendo con le arterie che, a pettine, dalla costa, si inerpicano verso le aree interne.
Un’area metropolitana, magari urbanizzata completamente (speriamo secondo indirizzi di piano e non abusivamente) ha bisogno di strade
attrezzate e pianificate ad hoc per assolvere questo compito (quarto tassello, modernizzare le Strutture).
Detto ciò, fissati i Landmarks, dobbiamo essere in grado di costruire il “Modello Reggio”, ossia un modello di sviluppo della nostra Area
Metropolitana partendo dalla conoscenza di altri contesti simili sparsi per il mondo, valutarli, esaminarli, conoscere i vantaggi di alcune
scelte e le negatività di altre e cercare di prendere il meglio; è per questo motivo che, dottorando da circa un anno e mezzo, ho scelto di
vivere e lavorare nella ricerca scientifica per un mese a Boston (USA), per tre mesi a Barcellona (Catalogna, Spagna), avendo una
conoscenza preventiva di realtà come l’Area Metropolitana “transnazionale” di Copenhagen - Malmö (Danimarca - Svezia). Aree
Metropolitane molto diverse tra loro, ma comunque tre Aree Metropolitane consolidate, esemplari, vivibili, che hanno in comune fra di loro,
e con Reggio Calabria, il fatto di trovarsi dislocate sul mare. Tre realtà che, senza alcun atteggiamento di tipo “provinciale”, vorremmo
vedere dislocate dalle nostre parti, mantenendo ovviamente, valorizzando e sviluppando, le nostre specificità. Culturali ed ambientali.
Da queste esperienze si ricava molto.
Vivendole con l’intensità e l’entusiasmo che meritano, e non esiste per un giovane ricercatore altro metodo, si apprezza e si idealizza il
sistema di trasporto di Boston, molteplice, dinamico ed efficiente. A tal proposito mi sembra utile riprendere da un altro mio contributo
(pubblicato il 25 giugno 2009 da Strill.it.) una descrizione del sistema di trasporto della città statunitense: “Il sistema di trasporto
comprende Bus, Treni - anche a lunga percorrenza -, Metropolitana, Tram - in periferia viaggia in superficie ma all’interno del centro
urbano diventa underground e quindi una metropolitana a tutti gli effetti - Bus speciali per il collegamento città/aeroporto - anche questi
underground, veri e propri bus all’interno di gallerie identiche a quelle della metropolitana, chiaramente senza binari ma con semplice
asfalto - ed infine Aliscafi che dal Waterfront raggiungono il Logan Airport, e altre località dell’Area Metropolitana, offrendo un ulteriore
servizio ai pendolari; tutti questi mezzi con un unico ticket”).
Il caso Copenhagen presenta uno straordinario interesse; è un nodo urbano paragonabile solo a pochi altri per la modernità dei
programmi, fra le città europee di media dimensione.
Copenhagen è una città di circa 600.000 abitanti nella municipalità urbana e circa 1.300.000 nell’area metropolitana (un contesto
praticamente identico a quello di Boston).
Lo sviluppo della città danese in primis, e successivamente, l’amalgama con quella svedese di Malmö è stato realizzato sulla base, anche
qui, di una massiccia riorganizzazione dei trasporti.
Alta velocità, treni a media percorrenza, treni locali, metropolitana di nuova generazione, (all’avanguardia, che utilizza il metodo della
“guida senza conducente” evitando cosi ogni eventuale errore umano), fanno di Copenhagen un esempio di efficienza nel mondo. A questa
capacità va aggiunta l’esistenza di una cultura vera e propria della mobilità ciclistica, d’onde una rilevante rete ciclabile, che ha consentito
alla città di ridurre significativamente (rispetto alle altre capitali europee) le emissioni inquinanti di CO2 dovute al traffico.
La bicicletta è un elemento importante dell’identità cittadina, come dimostrano i continui investimenti in piste ciclabili, parcheggi, corsie
riservate, misure per la sicurezza.
Il legame con Malmö in Svezia (altra Città, altra Regione, altra Nazione, addirittura) è visibile fisicamente con il famoso ponte dell’Øresund
che fa parte della Øresund Fixed Link, 16 chilometri di Tunnel / Terrapieno / Ponte che collegano Danimarca e Svezia, a uso di auto e di
treni (un “sistema” a cui si ispirano gli oratori autoctoni quando pensano al ponte sullo stretto di Messina).
Il ponte è solamente il legame evidente, ciò che l’occhio nudo riesce a scorgere, la vera forza di questa area metropolitana è l’intesa nelle
politiche di sviluppo, partendo da un’organizzazione dei trasporti basata su obiettivi comuni (altrimenti non parleremmo di area
metropolitana).
Se due Stati diversi e totalmente indipendenti come la Danimarca e la Svezia sono riusciti a trovare le modalità per costruire quell’Area
Metropolitana perché mai non potremmo riuscire a costruire la nostra Metropoli dello Stretto Reggio/Messina, non Stati Sovrani ma regioni
italiane, una a statuto ordinario ed una a statuto speciale.
Passando a Barcellona, nella metropoli catalana è possibile ammirare l’entusiasmo dei cittadini nella partecipazione alle scelte di sviluppo
dalla propria città; inoltre nei contesti esaminati i cittadini valutano positivamente gli interventi volti alla realizzazione di spazi pubblici di
elevata qualità.
Senza dubbio il caso della Greenway Kennedy, a Boston, è di quelli che lasciano senza fiato. Pianificare e progettare un sistema di spazi
pubblici, intervenendo con una razionalizzazione dei trasporti. Strano, ma vero.
La creazione del tunnel autostradale, il famoso Big Dig, l’opera pubblica più impegnativa mai intrapresa negli Stati Uniti, ha riorganizzato
tutta la viabilità di Boston e della sua Area Metropolitana.
L’intera area sotto la quale scorre il traffico è stata destinata ad un sistema complesso di spazi pubblici, la Rose Kennedy Greenway.
La costruzione di questa Greenway è un successo architettonico ed urbanistico di portata storica. È il traguardo dell’abbattimento della
preesistente sopraelevata Freeway, l’Highway principale sfruttata dal traffico urbano per circa 40 anni, attraversando così, “sottotraccia”, il
centro della metropoli.
Ci sono voluti diciassette anni (e questo lo diciamo proprio per far comprendere che la “Città Metropolitana” non è una realtà che si
materializza agitando una bacchetta magica, desiderando una sorta di “miracolo metropolitano”, gratis ed immediato) per disegnare e
programmare un circuito che abbraccia Denway Square, Chinatown, l’area intorno alla North Station e la parte centrale del Downtown
Corridor, comunemente chiamato Wharf District, a due passi dalle acque atlantiche della grande Baia di Boston. Lo scopo è stato quello di
“produrre” spazi a sostegno d’usi complementari, come quello commerciale, per attivare il traffico urbano del circondario e fornire tecniche
per un design urbano nuovo.
Le diverse sezioni che compongono la Rose Kennedy Greenway offrono spazi aperti verdi e di transito per i pedoni, prati ed aiuole, fontane
e svolgono quindi la funzione di collante, di amalgama, di zone cuscinetto, tra le aree precedentemente separate dalla preesistente
ingombrante arteria in superficie.
Queste sono le realtà che fanno scuola.
A Reggio Città Metropolitana queste notizie possono servire? Si può far tesoro delle esperienze altrui? Forse sì, e come?
Una razionalizzazione dei trasporti metropolitani di Reggio, con la nascita della Metropolitana del Mare e l’implementazione della
Metropolitana di superficie, implica l’utilizzo di nuove forme di spazio urbano, il Waterfront come nel caso di Boston o addirittura le
spiagge, come nel caso di Barcellona.
Attrezziamoci quindi pianificando lo sviluppo di questi spazi metropolitani secondo linee condivise, d’intesa con le amministrazioni locali.
Per quanto mi riguarda, nella mia ricerca, ho già iniziato di buona lena.
Da cittadino e da pianificatore territoriale intendo dire la mia.

Dall'area metropolitana di Boston alla città metropolitana di Reggio Calabria

di Beniamino Cordova* -
(pubblicata su www.strill.it il 25 giugno 09)

Bello il titolo, interessante il tema. Dopo un mese, tra qualche giorno, volgerà al termine la mia esperienza di studio e ricerca negli States.

Ebbene si, Ricerca, proprio quella. In una realtà come quella reggina, da poco diventata (solo burocraticamente) Città Metropolitana ad una realtà consolidata come quella di Boston, nello Stato del Massachusetts, regione del New England, USA.

Perché fare Ricerca scientifica in America e perché proprio a Boston? Presto detto.

La Ricerca scientifica a queste latitudini, ho felicemente notato, che ricopre un valore completamente diverso rispetto a quello che da noi, purtroppo, viene assegnato. Frequentare un PhD (Philosophiæ Doctor), l’equivalente del nostro Dottorato di Ricerca, significa immergersi completamente e quotidianamente (anche frequentando i bellissimi, attrezzatissimi e localizzati in luoghi sicurissimi, College Universitari, simili nel concetto ma non nella forma alla Casa dello Studente, da noi concepita) nello studio e nelle innovazioni della disciplina.

E poi, fatemelo dire, c’è anche un pizzico di orgoglio nel dire “I’m attending a PhD in Italy” e vedere i volti degli addetti alle biblioteche del MIT o della Harvard University (due delle Università più importanti del mondo), sorridere e spalancare le porte; o i cassieri nei bookstores, felici di poter applicare corposi sconti; o persino il volto quasi felice e permissivo degli irreprensibili poliziotti americani alla frontiera.

Non oso pensare, l’ilarità che provocherebbe la stessa frase detta in Italia.

Se poi si aggiunge anche che si frequenta il Dottorato di Ricerca in Pianificazione Territoriale a Reggio Calabria arrivano addirittura gli inviti a cena. Ebbene si, non è uno scherzo.

Il Dottorato in Pianificazione Territoriale sino a qualche anno addietro, e lo è stato per molti anni, gemellato con la Northeastern University di Boston ed ancora oggi nutre oltreoceano rilevante considerazione.

Ricerca a Boston. Quando si parla scientificamente di Aree Metropolitane, non si può prescindere da quella di Boston.

La città americana fa scuola nel mondo in questo settore e conoscere dettagliatamente le politiche da loro attuate dalla nascita ad oggi può diventare determinante in un contesto come quello di Reggio Calabria Città Metropolitana.

Risulta di fondamentale importanza comprendere le modalità di partecipazione dei cittadini o i rapporti della Città con i centri minori che gravitano quotidianamente, per lavoro, servizi ed altro, attorno ad essa.

Usufruire dei loro trasporti metropolitani, non studiarli solo sui libri, può aiutare a definire in maniera chiara alcuni concetti. Capire, per esempio, che Reggio Città Metropolitana, dovrà partire da una seria politica di pianificazione dei trasporti, partendo dalle risorse in essere; non può prescindere dalla nascita di un’unica (dico unica) Società Metropolitana di Trasporto, che significa mettere sotto lo stesso tetto, Metropolitana di superficie, Bus e Metropolitana del Mare, a servizio delle aree che gravitano attorno alla città: solo così si può ambire ad una efficiente intermodalità.

Concepire inoltre come falso problema quello di pensare sin da oggi i Comuni che intendono far parte dell’Area Metropolitana di Reggio. Il Sistema Metropolitano di Trasporto non si preoccupa di questo, l’unico ruolo che ricopre è quello di assicurare un servizio adeguato alla domanda dell’utenza.

Sin dove arriva la domanda di trasporto quotidiano casa – lavoro - servizi?

Non c’è uno standard preciso, si utilizza spesso il criterio della distanza media di 100 km dal centro principale (è un dato che si utilizza come criterio generale), da fare con un unico mezzo o utilizzando più mezzi (intermodalità) del Sistema Metropolitano di Trasporto.

In un sistema serio ed efficiente non risulta assolutamente problematico raggiungere la Città anche da distanze considerevoli.

Il Massachusetts Bay Transportation Authority (MBTA), ossia la Società di Trasporto dell’Area Metropolitana di Boston comprende Bus, Treni (anche a lunga percorrenza), Metropolitana, Tram (in periferia viaggia in superficie ma all’interno del centro urbano diventa underground e quindi una metropolitana a tutti gli effetti), Bus speciali per il collegamento città-aeroporto (anche questi underground, veri e propri bus all’interno di gallerie identiche a quelle della metropolitana, chiaramente senza binari ma con semplice asfalto), ed infine Aliscafi che dal Waterfront raggiungono il Logan Airport, e altre località dell’area metropolitana, offrendo un ulteriore servizio ai pendolari; tutti questi mezzi con un unico (dicesi unico) ticket.

Punto fondamentale questo: “ulteriore servizio ai pendolari” ossia “alternativa ad un sistema già consolidato ed efficiente”, questo praticamente risulta essere il servizio di collegamento via mare a Boston.

E’ fondamentale far passare l’idea, questo vale soprattutto per Reggio Città Metropolitana, che non è importante trovare sempre e solo il modo più veloce o più economico per raggiungere un luogo; l’importante è soprattutto trovare le alternative che non sono quantificabili in termini monetari ma migliorano la qualità della vita. Non è importante (questo vale per il futuro, speriamo, Sistema Metropolitano di Trasporto), per esempio, trovare il modo più veloce per arrivare a Reggio da una qualsiasi zona della propria Area Metropolitana ma bensì è importante sapere di poterci arrivare in svariati modi. Per tale motivo vale la pena insistere sulla mia idea (pubblicata più volte anche da questa testata online) della Metropolitana del Mare che collega i porti dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria. Sarebbe una grande conquista poter partire dal porto di Gioia Tauro, (o di Reggio, di Palmi, di Saline, di Bagnara, di Scilla, di Villa San Giovanni o quelli che saranno, di Pellaro, di Catona) ed arrivare in aeroporto direttamente con un Ferry Boat o utilizzarli quotidianamente come servizi ai pendolari.

Si impiega più tempo rispetto ad una corsa in autostrada? Bah, non credo, considerando le condizioni della Salerno - Reggio. Anche se fosse così?

Ci rendiamo conto che in tal modo si migliora la qualità della vita, a costo zero, utilizzando le risorse esistenti ? (i porti sono lì, in attesa che qualcuno si ricordi di loro).

Bisogna conoscere le realtà oltreoceano per capire che la nostra proposta in contesti identici ha avuto risultati eccellenti?

Magari a Boston avranno capito che la risorsa paesaggio, quello urbano soprattutto, si può utilizzare da un’ottica diversa come quella del mare; non solo guardare la città dalla città ma guardare la città dal mare, quindi il ruolo che svolge il paesaggio diventa di primaria importanza.

Neanche a farlo apposta gli ultimi Esami di Stato per Pianificatori Territoriali, hanno affrontato il tema del Paesaggio: paesaggio-ambiente – territorio: tre approcci, una realtà.

E’ chiaro, una sola realtà.

Queste discipline sono legate tra di loro a doppio filo anche alla luce della nuova riforma universitaria che inserisce all'interno dello studio del territorio e dell’ambiente (urbanistica) proprio il paesaggio, quindi oltre all’evidente legame della disciplina anche una consacrazione dall’amministrazione centrale.

La città di Messina in questo contributo non è stata coinvolta. Il rapporto solido e duraturo, soprattutto nei trasporti, tra Reggio e Messina, verrà, certo che verrà, per consacrare la Metropoli dello Stretto ma per ora Reggio dovrà puntare ad utilizzare al meglio le risorse esistenti, quelle proprie, ottimizzarle, perché pensare di bruciare le tappe o di progettare sin da ora, sulla propria sponda calabrese, nuove infrastrutture sembra alquanto aleatorio ed assolutamente inutile: il resto verrà.

Nel caso di Boston, razionalizzare i trasporti, anche dal punto di vista fisico, la costruzione per esempio del BIG DIG, il tunnel autostradale che passa sotto la città, ha consentito di pianificare un sistema di spazi pubblici di elevata qualità, la Greenwai Kennedy, che svolge soprattutto la funzione di collante, di amalgama, tra le zone precedentemente separate da questa ingombrante arteria in superficie.

Ma questa è un’altra storia che presto tratteremo, certo che trattreremo.

Dall’Area Metropolitana di Boston è tutto, a voi la linea.


*Dottorando di ricerca in pianificazione territoriale Unirc

Dalla bella politica viene fuori la perla dell'area metropolitana

di Beniamino Cordova* -
(pubblicata su www.strill.it il 15 marzo 09)

Lode a tutte le forze politiche, da destra a sinistra passando per il centro, che si sono spese nel sostegno della nuova Area Metropolitana di Reggio Calabria.

Il dialogo tra le varie forze politiche della nostra città è stato un esempio di bella politica, una pratica che dovrebbe diventare uso comune e quotidiano.

E’ stato affascinate, soprattutto per i giovani che seguono con passione gli eventi della politica (mi ritrovo tra questi), seguire il dibattito costruttivo tra le due coalizioni.

Ebbene si, si tratta dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria e non di quella dello Stretto come erroneamente veniva definito dalla stragrande maggioranza delle persone.

Il bello ed il difficile arrivano però solo ora.

La politica, dicevo, ha fatto la parte del leone e l’ha fatta nell’interesse della città; ha però bruciato involontariamente i tempi.

La nascita di un’Area Metropolitana è un processo che nasce dal basso, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, deve necessariamente presentare alla base una serie di relazioni solide, in primis quella dei trasporti, che consentono di creare un unico sistema territoriale in grado di competere con l’esterno.

Risulta fondamentale per la nascita (effettiva, tangibile, non politica) di un’Area Metropolitana avere un centro principale attorno al quale gravitano i centri minori (nel nostro caso il centro principale sarebbe Reggio Calabria) che offra specifici servizi, esclusività delle strutture, centralità nei trasporti.

Su questo bisogna lavorare molto, in realtà ancora Reggio Calabria non ricopre il ruolo di leader né della provincia né della propria area metropolitana, non ha un’identità ben definita nei confronti degli stessi reggini, figuriamoci di chi Reggio la vive solo per poche ore al giorno.

C’è bisogno immediatamente di lavorare su questo problema.

Sui servizi e sulle strutture, qualcosa c’è, tanto ancora bisogna fare; è sui trasporti che bisogna mettere in atto politiche serie, concrete, durature e sostenibili per l’ambiente.

I problemi atavici delle strade che collegano la nostra area metropolitana li conosciamo a fondo; nel settore ferroviario, la nascita del famoso “tamburello”, ossia il collegamento Melito – Reggio – Rosarno, ha apportato qualche beneficio (ancora molto, moltissimo, bisogna fare); la prossima apertura al traffico della stazione marittima di Reggio può dare un bel colpo positivo alla cosiddetta intermodalità.

Preso atto di questa situazione e considerato che da ieri Reggio Calabria ha la propria area metropolitana perché non realizziamo una politica seria di pianificazione dei trasporti?

Perché sottovalutare le infrastrutture portuali nell’Area Metropolitana di Reggio Calabria?

Come ho già messo in evidenza in altri interventi sull’argomento, l’area di costa (intesa da Melito Porto Salvo a Gioia Tauro), 90 chilometri circa, ha una dotazione di infrastrutture portuali di tutto rispetto: sette porti attivi, il porticciolo dell’aeroporto e due porti di prossima costruzione (Pellaro e Catona), praticamente un porto ogni 10 chilometri.

Metterli in relazione tra di loro, comprendendo anche il porticciolo dell’aeroporto, con una Metropolitana del mare (diversa da quella che concepisce l’opinione pubblica, ossia il collegamento Reggio/Messina), con collegamenti costa/costa, regolari e quotidiani non sarebbe un’utile alternativa al sistema di trasporto attuale?

E poi, una volta realizzata (a specchio) l’area metropolitana di Messina, passaggio necessario prima della consacrazione dell’Area Metropolitana dello Stretto, non si potrebbe realizzare una situazione analoga a quella reggina, ossia collegare i porti della costa tirrenica messinese con quelli della costa ionica passando per il porto di Messina?

Il nostro impalcato culturale purtroppo non consente di comprendere pienamente e da subito l’importanza ed il valore delle “alternative” ad un sistema esistente.

Eppure utilizzare le infrastrutture portuali al meglio probabilmente gioverebbe anche alla qualità del paesaggio. Ci hanno abituato ad osservare un panorama che presenta come sfondo il mare o le colline, le montagne, le foreste; pochi, forse nessuno, valuta l’ipotesi di osservare ogni giorno - dal mare - la città e le proprie relazioni interne, non da turisti ma da cittadini operosi.

La proposta della Metropolitana del Mare come collegamento tra i porti dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria è una ricerca che porto avanti da più di anno con diverse pubblicazioni, l’ultima in ordine cronologico è stata presentata alla XII Conferenza Nazionale della Società Italiana degli Urbanisti svolta a Bari nel mese di febbraio 2009; il problema, quindi, è ormai di dominio nazionale, seppur limitato al campo della pianificazione e dell’urbanistica.

In parecchi incontri organizzati sul tema dell’Area Metropolitana, soprattutto quello organizzato a Melito Porto Salvo dai Sindaci dell’Area Grecanica è stato messo in evidenza, negli interventi della società civile, l’esigenza di proporre questo nuovo collegamento.

Rinnovo le mie lodi all’intera classe politica, in questo giorno memorabile per noi reggini, convinto che una volta completato l’iter politico di istituzione dell’Area Metropolitana di Reggio Calabria si passi alla, non meno importante, fase strutturale.


*Urbanista - Dottorando di Ricerca in Pianificazione Territoriale

Chiudono le strade. Tutto questo è incredibile. Ma se ci fosse la metropolitana del mare...

di Beniamino Cordova* -
(pubblicata su www.strill.it il 30 gennaio 09)

A distanza di qualche giorno dalla chiusura per frana dell’Autostrada A3 nel tratto tra Scilla e Bagnara, oltre a quello nei pressi di Rogliano, leggo con amarezza che stesso destino ha subito la Statale 18 che, nelle ultime ore, nel medesimo tratto, ha subito egual sorte. C’era da aspettarselo, forse ha resistito anche troppo, viste le condizioni drammatiche che vive da troppi anni questa piccola, abbandonata, inefficiente, arteria.

Tutto questo è incredibile.

Incredibile per un paese civile, Incredibile per un’area che crede di essere quasi al passo con gli altri paesi europei.

La situazione precaria della Statale 18 (e dell’Autostrada A3) si conosceva già da tempo, tante sono state le ordinanze di chiusura per inagibilità da parte dei Sindaci dei Comuni direttamente interessati.

Era noto a tutti, tutti sapevano.

Sicuramente nessuno aveva preventivato le forti piogge di questo inverno tanto da spingere Bertolaso a chiedere al Governo lo stato di calamità naturale (notizia di qualche ora fa) però era un dovere non ignorare i disagi causati dai lavori per il V macrolotto della Salerno – Reggio proprio nello stesso tratto. Nessuno ha pensato delle alternative al precario sistema dei trasporti dell’area metropolitana.

Sapevano tutti, dicevamo, anche gli studenti delle Facoltà reggine a tal punto da considerare il problema scientificamente interessante ed attuale per una Tesi di Laurea (me compreso).

Nella difficile situazione in cui versano i collegamenti nella provincia Reggina, da qualche anno qualcosa è stato fatto, pensiamo al “Tamburello”, attivo da quasi due anni, di cui si attendono risultati positivi, cioè dalla Metropolitana di superficie che, sia pur con materiale rotabile non ancora soddisfacente, ha cominciato a percorrere le rotaie “jonico-tirreniche” fra Melito e Rosarno, transitando per Reggio Calabria per un totale per ora di 19 fermate, è prossima anche la fermata Aeroporto (a tal proposito vedere anche il contributo del Prof. Enrico Costa a pag. 221 dell’Istant Book “il secolo breve,1908-2008, rovine e ricostruzioni”)

Questo però non basta, è necessario fare di più, bisogna trovare altre alternative per non incorrere in disagi come quello che stiamo vivendo in questi giorni.

A tal proposito penso ad una metropolitana del mare diversa da quella concepita dall’opinione pubblica (ossia collegare fra loro esclusivamente Reggio-Messina-Villa San Giovanni), ma che metta in relazione i porti di nove centri (più tre in previsione) della provincia di Reggio Calabria, da Roccella Jonica (sullo Jonio) a Gioia Tauro-Rosarno (sul Tirreno), passando per il capoluogo di provincia. Le forti motivazioni per una Tesi di Laurea, come quella da me discussa nel 2007, nascono da un’attenta valutazione delle carenze e delle difficoltà del sistema metropolitano dei trasporti; problematicità sempre esistite ma da due anni ancor più attuali per via dei lavori al V macrolotto dell’autostrada Salerno-Reggio (in prossimità di Bagnara Calabra). La sfavorevole condizione dei trasporti nell’area metropolitana reggina è quasi la medesima di quella messinese (da Taormina sullo Jonio a Milazzo sul Tirreno); in queste condizioni la Metropolitana del Mare risulterebbe, per la sponda calabra e sicula, un’alternativa ai vettori in atto utilizzati, risponderebbe a tutti gli indirizzi di pianificazione dei trasporti (nazionali, internazionali e dell’area del Mediterraneo), sarebbe senza gravosi costi aggiuntivi (appoggiandosi alle infrastrutture portuali esistenti), si presenterebbe come uno stimolo per la riqualificazione delle aree portuali, ed infine, utilizzandola, si godrebbe di un paesaggio urbano da un’ottica diversa (Reggio di fronte, Messina alle spalle e viceversa), unica, di impareggiabile valore. Naturalmente le due navigazioni costiere sarebbero fortemente interrelate con la navigazione di attraversamento, basata sulla triangolazione “Reggio-Messina-Villa San Giovanni”.

Poter utilizzare una Metropolitana del Mare come quella ipotizzata, in questo momento, significherebbe attenuare le difficoltà per i paesi della provincia nel raggiungere Reggio e viceversa con tutti i vantaggi del caso.

Quello che sta succedendo in questi giorni, con la Calabria separata dal resto del Paese e con una provincia di Reggio divisa a metà, non dovrebbe spingere chi di dovere a considerare una pluralità di soluzioni per il nostro territorio cosi svantaggiato, non limitandosi al semplice ripristino di infrastrutture di per se precarie?

L’università è anche questa, bisogna saper “leggere” le idee degli studenti, capirle, interpretarle, da lì spesso nascono gli stimoli giusti anche, perché no, per gli amministratori che operano sul territorio.





*Urbanista

Dottorando di Ricerca in Pianificazione Territoriale